In quei giorni, Stefano, pieno di grazia e di potenza, faceva grandi prodigi e segni tra il popolo. Allora alcuni della sinagoga detta dei Liberti, dei Cirenei, degli Alessandrini e di quelli della Cilìcia e dell'Asia, si alzarono a discutere con Stefano, ma non riuscivano a resistere alla sapienza e allo Spirito con cui egli parlava. E così sollevarono il popolo, gli anziani e gli scribi, gli piombarono addosso, lo catturarono e lo condussero davanti al Sinedrio. Tutti quelli che sedevano nel Sinedrio, [udendo le sue parole,] erano furibondi in cuor loro e digrignavano i denti contro Stefano. Ma egli, pieno di Spirito Santo, fissando il cielo, vide la gloria di Dio e Gesù che stava alla destra di Dio e disse: «Ecco, contemplo i cieli aperti e il Figlio dell'uomo che sta alla destra di Dio». Allora, gridando a gran voce, si turarono gli orecchi e si scagliarono tutti insieme contro di lui, lo trascinarono fuori della città e si misero a lapidarlo. E i testimoni deposero i loro mantelli ai piedi di un giovane, chiamato Saulo. E lapidavano Stefano, che pregava e diceva: «Signore Gesù, accogli il mio spirito». Poi piegò le ginocchia e gridò a gran voce: «Signore, non imputare loro questo peccato». Detto questo, morì.
Dopo la festa per la nascita del Salvatore, oggi ritorniamo con i piedi per terra ricordandoci che Gesù ha detto : “Hanno rifiutato Me, rifiuteranno anche voi”. Il mondo (l’uomo materiale) non Lo riconobbe, come oggi non riconosce i vari “Stefano” che parlano attraverso lo Spirito di Dio per “raddrizzare i sentieri” nel cuore degli uomini al fine di poter incontrare Colui che “è assiso alla destra di Dio”. Gesù ci dice: “Voi farete cose più grande di queste.”; anche i diaconi, come gli apostoli, avevano doni particolari che dovevano servire da segno. Ci viene infatti detto che anche Stefano essendo pieno di grazia e di potenza, faceva grandi segni e prodigi tra il popolo.
Stefano spiega agli anziani
della sinagoga che non c’è mai stato un momento nel quale l’intera
nazione adorasse Dio, ma che c’era sempre stato un gruppo di credenti,
un piccolo rimanente di veri credenti, e ciò è vero anche ai nostri
giorni, ed è cio che costituisce la Vera Chiesa di Cristo.
Stefano
tracciò la storia della nazione iniziando da Abramo, proprio là dove
essa ebbe inizio.
Usò
per far questo tutta una serie di citazioni dell’Antico Testamento,
tratte più che altro da Genesi e da Esodo, ma anche da altri libri,
fondendole assieme e facendole diventare il filo conduttore di tutto il
discorso; in questo modo era sicuro di essere compreso perché coloro che
lo stavano processando conoscevano molto bene la storia del popolo
d’Israele e tutti i passi da lui citati.
Stefano cominciò il suo racconto con Abramo in Mesopotamia, nella valle del Tigri e dell’Eufrate.
Quella
era la casa di Abramo, il luogo dal quale Dio lo chiamò. Lo chiamò fuori
dalla sua casa perché era una casa idolatra. Dio
gli aveva promesso un figlio e gli aveva promesso anche la terra. Anche se
non era in possesso di nessuna delle due cose, Abramo credette in Dio.
Questo dimostra la sua fede. Abramo era un uomo di fede. Credeva a Dio e gli obbedì. La fede porta sempre all’obbedienza. Anche se nel corso della storia il popolo si è sempre opposto e ribellato a Dio, al suo interno è sempre stato presente un piccolo nucleo di veri credenti.
Questo
è vero anche oggi. Nella chiesa di oggi, la chiesa visibile, c’è una
rimanenza di credenti. Con questo termine non si intende un avanzo, in
senso negativo, ma una parte che rimane ferma, fedele a Dio. Non tutti
quelli che vanno in chiesa sono dei veri credenti. Come nel popolo di
Israele allora, anche nella chiesa oggi abbiamo solo un rimanente di veri
credenti.
Stefano
passò poi all’era dei patriarchi. Parlò dei fratelli di Giuseppe che,
motivati dall’invidia e dall’odio, lo vendettero in Egitto.
Quella
che abbiamo qui è veramente l’interpretazione dello Spirito Santo del
Vecchio Testamento, il punto di vista di Dio degli avvenimenti storici
riguardanti il suo popolo.
Stefano
ora ricorda loro la liberazione dall’Egitto.
Così,
dopo 40 anni in Egitto, Dio lo portò nel deserto; è qui che Dio lo
preparò per essere un liberatore. Mosè, uccidendo l’egiziano, aveva
fatto qualcosa che considerava giusto, lui voleva liberare i suoi
fratelli. Ma loro non capirono.
Stefano
proseguì raccontando a suon di versetti l’incontro di Mosè con Dio, un
Dio che aveva sentito il lamento del suo popolo e che aveva deciso di
liberarlo utilizzando proprio Mosè come liberatore.
Stefano
ricordò loro come il popolo rifiutò più volte la guida pratica e
spirituale di Mosè, così facendo avevano di fatto rivolto i loro sguardi
ancora all’Egitto, alla condizione di schiavitù materiale, morale e
religiosa che avevano vissuto per quattrocento anni; non tornarono mai
materialmente in Egitto, ma col loro cuore vi sono tornati molte volte.
Nell’episodio
del vitello d’oro, ad esempio, non sapevano cosa fosse successo a Mosè
e non importava loro. Di fatto lo avevano rifiutato, e con lui avevano
rifiutato la guida di Dio, avevano preferito gli idoli egiziani e di quelli dei
paesi che avrebbero attraversato piuttosto che al vero e unico Dio, creatore dei cieli e
della terra, quel Dio che aveva fatto con Abramo un patto che li
riguardava.
Diventarono
idolatri. Ecco perché Mosè (e più tardi Giosuè) supplicò il popolo di
scegliere Dio e lasciare gli idoli. Stefano stava mostrando loro che il
popolo di Israele era sempre stato ribelle. Ribelle
ai tempi di Mosè e ribelle sotto la giuda di Giosuè, colui che Dio
scelse per farli entrare nella terra promessa.
Stefano
continuò dimostrando loro che Dio, essendo Spirito per Sua stessa
definizione, non può abitare in case fatte dall’uomo, e di conseguenza
nemmeno nel tempio eretto da Salomone.
Nella parte conclusiva del suo discorso, Stefano accusò apertamente il popolo d’Israele e i capi in particolare di aver rifiutato Gesù e di averlo ucciso. Fisicamente questi uomini erano circoncisi, ma non lo erano nel loro cuore e nella loro mente. Non volevano ascoltare Dio più di quanto avessero fatto i loro antenati.
Questi discorsi sulla storia del popolo di Israele fecero infuriare i “dotti” del tempio, tra coloro i quali vi era anche un certo Saulo da Tarso, colui che sarebbe per grazia di Dio diventato l’Apostolo Paolo, il portatore della Buona Novella a coloro che non appartenevano al popolo Ebraico.
Questi due giovani, Stefano e Saulo da Tarso, sono insieme qui per la prima, l’unica e l’ultima volta. Sono nemici; stanno ai due lati opposti della croce. Le parole di Stefano portarono alla sua uccisione, egli fu lapidato. Stefano si addormentò. Gesù mise il suo corpo a riposare in attesa del rapimento. Stefano andò alla presenza di Cristo che lo stava aspettando.
Stefano fu il primo martire della chiesa ad andare con il Signore.
E’ lecito domandarsi come mai Dio permise questa uccisione; Stefano era giovane, pieno di sapienza e di potenza, faceva segni e grandi prodigi, sarebbe stato quindi ancora molto utile alla diffusione dell Vangelo. Eppure Dio nella Sua Sovranità decise che egli doveva essere il primo martire della chiesa. Possiamo dire che le vie di Dio non sono le nostre vie, i Suoi piani non sono i nostri piani, ciò che a noi sembra molto logico e saggio può non essere né logico né saggio agli occhi Suoi. La morte di Stefano segnò l’inizio di una grande persecuzione nei confronti della chiesa, e come favorì enormemente la diffusione del Vangelo in tutte le nazioni vicine.
“E
Gesù che stava alla sua destra (del Padre)”,
è da intendere: l’umanità del Dio incarnato, sublimata alla fine,
permane per sempre con noi come “memoria” esemplare di un Padre
che ama tanto le sue creature da assumerne temporaneamente la natura per
essere più visibile e conoscibile dall’uomo terreno, destinato alla
resurrezione, come ci ha mostrato il Dio incarnato.
Potrebbe forse un Dio infinito, presente in ogni piccola particella del
creato, avere una destra e una sinistra?