Gesù, vide un uomo, chiamato Matteo, seduto al banco delle imposte, e gli disse: «Seguimi». Ed egli si alzò e lo seguì.
Mentre sedeva a tavola nella casa, sopraggiunsero molti pubblicani e peccatori e se ne stavano a tavola con Gesù e con i suoi discepoli. Vedendo ciò, i farisei dicevano ai suoi discepoli: «Come mai il vostro maestro mangia insieme ai pubblicani e ai peccatori?».
Udito questo, disse: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati. Andate a imparare che cosa vuol dire: “Misericordia io voglio e non sacrifici”. Io non sono venuto infatti a chiamare i giusti, ma i peccatori».
Matteo aveva un’eta di 35 anni, ed aveva avuto il
privilegio che suo zio fosse stato risanato dal Signore
(era uno dei fratelli che avevano portato il paralitico dentro la casa
dove c’era Gesù). Era greco di nascita, aveva mogli e figli, ed era
titolare di una gabella (dogana) nei pressi di Sibarah.
Matteo venne soprannominato “il pubblicano” per la sua
attività, ma anche per contraddistinguerlo dal Matteo evangelista (che
era uno scrivano presso un ufficio romano in Sichar), che era già stato
chiamato da Gesù in Samaria e precisamente nella città di Sichar, lo
stesso giorno dell’incontro con la samaritana al pozzo di Giacobbe. Quindi Matteo evangelista è una persona, Matteo l'apostolo, un'altra!
Matteo il pubblicano era greco di nascita, mentre gli altri
undici apostoli erano galilei. Era uno dei tre apostoli (Matteo, Giuda
Iscariota e Bartolomeo) che non erano pescatori.
Matteo condusse Gesù e il suo seguito a casa sua, nella quale tutti i doganieri che erano addetti a quell’ufficio principale, ed un gran numero di sorveglianti e di altri simili “peccatori” (secondo la misura e il giudizio degli ebrei, dei farisei e degli scribi) pranzavano.
Infatti la casa di Matteo era grande e
nello stesso tempo era anche un’osteria nella quale gli ebrei potevano
ricevere qualcosa da mangiare e da bere, pagando però, mentre i
doganieri, i sorveglianti ed i “peccatori” vi avevano il vitto
gratuito, poiché essi erano tutti quanti servitori in quella casa che
tenevano in appalto dai romani per la riscossione dei dazi.
I doganieri si affrettarono ad invitare Gesù a
tavola, ed ai Suoi discepoli ed anche ai farisei e agli scribi fu
distribuito pane e vino in giusta quantità; però se i discepoli erano di
buon umore (Matteo 9,10), non così può dirsi dei farisei e degli scribi
che erano venuti con loro, i quali non potevano dissimulare la loro rabbia
per non essere stati anch’essi invitati a tavola.
Accadde però che, mentre Gesù si trovava già seduto a
tavola assieme ai pubblicani ed ai peccatori che erano là già in bel
numero, entrarono in casa ancora altri pubblicani e peccatori i quali
venivano da altre località, poiché la casa di Matteo era conosciuta
dappertutto come molto agiata ed ospitale, e là, particolarmente nei
giorni di sabato, c’era una numerosa ressa di ospiti. Essi salutarono tutti il Signore con estrema gentilezza, ed osservarono
che a quella casa non sarebbe potuto derivare onore più grande di quello
di averLo per ospite; ed essi aggiunsero altri tavoli a quello al quale
Gesù era seduto, e tutti vi presero posto.
I farisei e gli scribi nel frattempo facevano ressa davanti
al portone di casa per fare attenzione a quanto Gesù avesse potuto
operare o dire. E come essi videro che discorreva con i peccatori e con i
pubblicani in maniera oltremodo amichevole, si accesero d’ira nei loro
cuori e domandarono ai discepoli perché Gesù mangiasse con i peccatori.
Ecco allora il significato della frase di Gesù, la quale fu intesa dai farisei come un riconoscimento della loro (presunta) integrità morale, mentre Gesù dichiarava che coloro che si reputano sani, non vanno in cerca del medico che li possa salvare dalla loro malattia. I farisei erano pieni della sapienza del mondo e non vi era più spazio in loro per la sapienza divina che elargiva il Signore.
Quale fortuna
ebbe Matteo il pubblicano, che fu chiamato da Gesù. A quella chiamata, si
tolse di dosso i suoi indumenti di albergatore, prese il suo miglior
mantello e seguì il Signore.
Così deve fare chiunque voglia SeguirLo! Egli deve morire del tutto per
le cose di questo mondo e non deve più pensare alle sue condizioni della
sua vita terrena, altrimenti egli non è adatto al Regno di Dio, né ad
entrare nello stesso! Infatti colui che mette mano all’aratro e volge
gli occhi indietro non è adatto al Regno di Dio.