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Rabbì, sono forse io?
Mt 25,14-25

Uno dei Dodici, chiamato Giuda Iscariòta, andò dai sommi sacerdoti e disse: «Quanto mi volete dare perché io ve lo consegni?». E quelli gli fissarono trenta monete d'argento. 
Da quel momento cercava l'occasione propizia per consegnarlo. 
Il primo giorno degli Azzimi, i discepoli si avvicinarono a Gesù e gli dissero: «Dove vuoi che ti prepariamo, per mangiare la Pasqua?». Ed egli rispose: «Andate in città, da un tale, e ditegli: Il Maestro ti manda a dire: Il mio tempo è vicino; farò la Pasqua da te con i miei discepoli». I discepoli fecero come aveva loro ordinato Gesù, e prepararono la Pasqua. 
Venuta la sera, si mise a mensa con i Dodici. Mentre mangiavano disse: «In verità io vi dico, uno di voi mi tradirà». Ed essi, addolorati profondamente, incominciarono ciascuno a domandargli: «Sono forse io, Signore?». Ed egli rispose: «Colui che ha intinto con me la mano nel piatto, quello mi tradirà. Il Figlio dell'uomo se ne va, come è scritto di lui, ma guai a colui dal quale il Figlio dell'uomo viene tradito; sarebbe meglio per quell'uomo se non fosse mai nato!». Giuda, il traditore, disse: «Rabbì, sono forse io?». Gli rispose: «Tu l'hai detto».
 

Quanto MI volete dare perché IO ve lo consegni? Abbiamo la conferma dell’egoismo, dell’egocentrismo di Giuda.

Analizziamo un po’ la figura di Giuda Iscariota.

Gesù fin dal principio aveva riconosciuto da quale spirito Giuda Iscariota fosse animato; tuttavia egli aveva molto zelo ed era quanto mai attivo. Oltre a ciò era un buon oratore e sapeva esporre bene la Dottrina; per conseguenza egli era stato scelto dal Signore con gli undici come annunciatore della nuova Parola, ma bene inteso per la buona e non per la cattiva causa, poiché, essendo tale, egli per effetto del suo serio zelo e della sua eloquenza aveva, a parità di tempo, ottenuto maggiore successo che non gli altri undici presi assieme, ma aveva anche cominciato a diventare molto presuntuoso a causa di questo.

Quando però si vide contrastato in vari modi nel suo orgoglio, un segreto rancore cominciò a roderlo e andò accrescendosi sempre di più; egli perciò si fece di giorno in giorno più cupo e taciturno e andava osservando attentamente ogni mossa e pesando ogni parola degli altri undici discepoli per poter trovare in loro qualche errore ed avere così motivo di chiamarli a rispondere dinanzi a Gesù.

Ma poiché una simile occasione non voleva presentarsi, ciò che avrebbe potuto placare il suo rancore, il suo animo andò segretamente sempre più inasprendosi, e con maggiore accanimento ancora provò a cogliere l’occasione propizia per sorprendere almeno una volta i suoi fratelli in qualche situazione imbarazzante, e varie volte tentò di escogitare un mezzo adatto.

Egli era una persona avara ed avida, e anche per questa ragione nella sinagoga Gesù gli diede quello scossone (tra di voi ce n’è uno che è un demonio!) che egli tra sé e sé comprese bene a chi era diretto, mentre gli altri discepoli questa cosa la sospettavano certo, ma tuttavia non potevano puntargli con sicurezza il dito contro, perché era appunto Gesù a non volerlo, quantunque sapesse tutto quello che avrebbe fatto ancora. Per la sua caduta era necessario che anche la sua misura si facesse colma, ed egli stesso doveva finire col convincersi in maniera vivente in sé, come esempio terrificante per l'umanità intera, che tutte le sue tendenze mercantili terrene (era stato in passato infatti un mercante di pentole) erano fondamentalmente pessime, altrimenti nemmeno nell'Aldilà vi sarebbe stata la possibilità di miglioramento per la sua anima.

Le caratteristiche morali di questo discepolo sono qui descritte appunto per chiarire maggiormente le ragioni che avevano indotto il Signore quella volta a chiamarlo demonio, perché era proprio lui che più di ogni altro aveva trovato inopportuno che nella sinagoga il Signore avesse tenuto il sermone (chi non mangia la Mia carne e non beve il Mio sangue…) dal quale tanti avevano tratto motivo di scandalo, e si erano perciò allontanati dal Signore. Infatti egli, tra sé, aveva già architettato ogni tipo di speculazione con quella gente, e quindi si era segretamente arrabbiato più degli altri.

Giuda veniva e se ne andava, secondo i propri interessi, come il cuore gli comandava. Egli poteva ritornare nella cerchia degli apostoli quando voleva, ma se proprio voleva, poteva anche restare lontano, poiché ciascun uomo, buono o cattivo, sta di fronte al Signore, per quanto concerne lo spirito, nel medesimo rapporto in cui egli si trova di fronte al sole per quanto concerne il suo corpo. Se uno vuol lasciarsi illuminare e riscaldare dai raggi del sole, lo può fare senz'altro e a lui - buono o cattivo che sia - ciò non gli sarà affatto impedito; ma se proprio non vuole, da parte di Dio non verrà certo costretto; perciò sta scritto: “Dio fa splendere il Suo sole sui buoni e sui cattivi”.

Nello stesso modo procedono le cose presso il Signore sotto l’aspetto spirituale-vivente; chi vuole seguirLo, lo può fare, né sarà il Signore a cacciarlo via per quanto grande peccatore possa essere. Infatti, il Signore è venuto a questo mondo unicamente a causa di coloro che si sono smarriti e degli ammalati nell'anima, dato che i sani non hanno bisogno del medico.

Giuda non aveva dubbi che Gesù fosse il Messia; pensava però che fosse necessario una costrizione per far si che uscisse tutta la Potenza di Dio da un Figlio così umile e remissivo.

Giuda si recò a Gerusalemme nei giorni antecedenti la Pasqua, quando Gesù e gli apostoli soggiornavano nel deserto vicino dove un tempo battezzava Giovanni il Battista, in attesa della Pasqua. Venne stabilito dai sommi sacerdoti con Giuda che il giorno dell’agnello pasquale egli si sarebbe dovuto trovare di notte nel Tempio, per incontrarsi là con gli sgherri che egli doveva condurre nel luogo dove si trovava il Nazareno.

Si rafforzò in Giuda il proposito di mettere Gesù in una situazione che Lo avrebbe costretto, per tenere alla larga gli aggressori, ad annientarli se possibile, o almeno a renderli così inoffensivi in modo che chiunque riconoscesse chiaramente come nessuno sulla Terra Gli poteva resistere, se Gesù lo avesse soltanto seriamente voluto.

Come andò la cena, lo abbiamo visto ieri.

Giuda si impiccò con una cintura ad un albero di fichi. Egli pagò caro il suo errore, la sua avidità di denaro e il suo egoismo. Solo diversi giorni dopo la sua morte corporale, venne rinvenuto il suo cadavere, il quale era caduto giù dalla cintura ed era stato rosicchiato dai cani e dagli sciacalli. In quello stesso posto egli venne anche sotterrato.