In quel tempo, uno dei Dodici, chiamato Giuda Iscariòta, andò dai sommi sacerdoti e disse: «Quanto mi volete dare perché io ve lo consegni?». E quelli gli fissarono trenta monete d'argento. Da quel momento cercava l'occasione propizia per consegnarlo. Il primo giorno degli Azzimi, i discepoli si avvicinarono a Gesù e gli dissero: «Dove vuoi che ti prepariamo, per mangiare la Pasqua?». Ed egli rispose: «Andate in città, da un tale, e ditegli: Il Maestro ti manda a dire: Il mio tempo è vicino; farò la Pasqua da te con i miei discepoli». I discepoli fecero come aveva loro ordinato Gesù, e prepararono la Pasqua. Venuta la sera, si mise a mensa con i Dodici. Mentre mangiavano disse: «In verità io vi dico, uno di voi mi tradirà». Ed essi, addolorati profondamente, incominciarono ciascuno a domandargli: «Sono forse io, Signore?». Ed egli rispose: «Colui che ha intinto con me la mano nel piatto, quello mi tradirà. Il Figlio dell'uomo se ne va, come è scritto di lui, ma guai a colui dal quale il Figlio dell'uomo viene tradito; sarebbe meglio per quell'uomo se non fosse mai nato!». Giuda, il traditore, disse: «Rabbì, sono forse io?». Gli rispose: «Tu l'hai detto».
Quanto MI volete dare perché IO ve lo consegni? Abbiamo la
conferma dell’egoismo, dell’egocentrismo di Giuda.
Analizziamo
un po’ la figura di Giuda Iscariota.
Gesù
fin dal principio aveva riconosciuto da quale spirito Giuda Iscariota
fosse animato; tuttavia
egli aveva molto zelo ed era quanto mai attivo. Oltre a ciò era un buon
oratore e sapeva esporre bene la Dottrina; per conseguenza egli era stato
scelto dal Signore con gli undici come annunciatore della nuova Parola, ma
bene inteso per la buona e non per la cattiva causa, poiché, essendo
tale, egli per effetto del suo serio zelo e della sua eloquenza aveva, a
parità di tempo, ottenuto maggiore successo che non gli altri undici
presi assieme, ma aveva anche cominciato a diventare molto presuntuoso a
causa di questo.
Quando
però si vide contrastato in vari modi nel suo orgoglio, un segreto
rancore cominciò a roderlo e andò accrescendosi sempre di più; egli
perciò si fece di giorno in giorno più cupo e taciturno e andava
osservando attentamente ogni mossa e pesando ogni parola degli altri
undici discepoli per poter trovare in loro qualche errore ed avere così
motivo di chiamarli a rispondere dinanzi a Gesù.
Ma
poiché una simile occasione non voleva presentarsi, ciò che avrebbe
potuto placare il suo rancore, il suo animo andò segretamente sempre più
inasprendosi, e con maggiore accanimento ancora provò a cogliere
l’occasione propizia per sorprendere almeno una volta i suoi fratelli in
qualche situazione imbarazzante, e varie volte tentò di escogitare un
mezzo adatto.
Egli
era una persona avara ed avida, e anche per questa ragione nella sinagoga
Gesù gli diede quello scossone (tra di voi ce n’è uno che è un
demonio!) che egli tra sé e sé comprese bene a chi era diretto,
mentre gli altri discepoli questa cosa la sospettavano certo, ma tuttavia
non potevano puntargli con sicurezza il dito contro, perché era appunto
Gesù a non volerlo, quantunque sapesse tutto quello che avrebbe fatto
ancora. Per la sua caduta era necessario che anche la sua misura si
facesse colma, ed egli stesso doveva finire col convincersi in maniera
vivente in sé, come esempio terrificante per l'umanità intera, che tutte
le sue tendenze mercantili terrene (era stato in passato infatti un
mercante di pentole) erano fondamentalmente pessime, altrimenti nemmeno
nell'Aldilà vi sarebbe stata la
possibilità di miglioramento per la sua anima.
Le
caratteristiche morali di questo discepolo sono qui descritte appunto per
chiarire maggiormente le ragioni che avevano indotto il Signore quella
volta a chiamarlo demonio, perché era proprio lui che più di ogni altro
aveva trovato inopportuno che nella sinagoga il Signore avesse tenuto il
sermone (chi non mangia la Mia carne e non beve il Mio sangue…)
dal quale tanti avevano tratto motivo di scandalo, e si erano perciò
allontanati dal Signore. Infatti egli, tra sé, aveva già architettato
ogni tipo di speculazione con quella gente, e quindi si era segretamente
arrabbiato più degli altri.
Giuda
veniva e se ne andava, secondo i propri interessi, come il cuore gli
comandava. Egli poteva ritornare nella cerchia degli apostoli quando
voleva, ma se proprio voleva, poteva anche restare lontano, poiché
ciascun uomo, buono o cattivo, sta di fronte al Signore, per quanto
concerne lo spirito, nel medesimo rapporto in cui egli si trova di fronte
al sole per quanto concerne il suo corpo. Se uno vuol lasciarsi illuminare
e riscaldare dai raggi del sole, lo può fare senz'altro e a lui - buono o
cattivo che sia - ciò non gli sarà affatto impedito; ma se proprio non
vuole, da parte di Dio non verrà certo costretto; perciò sta scritto: “Dio
fa splendere il Suo sole sui buoni e sui cattivi”.
Nello
stesso modo procedono le cose presso il Signore sotto l’aspetto
spirituale-vivente; chi vuole seguirLo, lo può fare, né sarà il Signore
a cacciarlo via per quanto grande peccatore possa essere. Infatti, il
Signore è venuto a questo mondo unicamente a causa di coloro che si sono
smarriti e degli ammalati nell'anima, dato che i sani non hanno bisogno
del medico.
Giuda
non aveva dubbi che Gesù fosse il Messia; pensava però che fosse
necessario una costrizione per far si che uscisse tutta la Potenza di Dio
da un Figlio così umile e remissivo.
Giuda
si recò a Gerusalemme nei giorni antecedenti la Pasqua, quando Gesù e
gli apostoli soggiornavano nel deserto vicino dove un tempo battezzava
Giovanni il Battista, in attesa della Pasqua. Venne
stabilito dai sommi sacerdoti con Giuda che il giorno dell’agnello
pasquale egli si sarebbe dovuto trovare di notte nel Tempio, per
incontrarsi là con gli sgherri che egli doveva condurre nel luogo dove si
trovava il Nazareno.
Si
rafforzò in Giuda il proposito di mettere Gesù in una situazione che Lo
avrebbe costretto, per tenere alla larga gli aggressori, ad annientarli se
possibile, o almeno a renderli così inoffensivi in modo che chiunque
riconoscesse chiaramente come nessuno sulla Terra Gli poteva resistere, se
Gesù lo avesse soltanto seriamente voluto.
Come
andò la cena, lo abbiamo visto ieri.
Giuda
si impiccò con una cintura ad un albero di fichi. Egli pagò caro il suo
errore, la sua avidità di denaro e il suo egoismo. Solo diversi giorni dopo la sua morte
corporale, venne rinvenuto il suo cadavere, il quale era caduto giù dalla
cintura ed era stato rosicchiato dai cani e dagli sciacalli. In quello stesso posto egli venne anche
sotterrato.