Gesù disse ai suoi discepoli: «Non date le cose sante ai cani e
non gettate le vostre perle davanti ai porci, perché non le calpestino
con le loro zampe e poi si voltino per sbranarvi.
Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a
loro: questa infatti è la Legge ed i Profeti.
Entrate per la porta stretta, perché larga è la porta e spaziosa la via
che conduce alla perdizione, e molti sono quelli che entrano per essa;
quanto stretta invece è la porta e angusta la via che conduce alla vita,
e quanto pochi sono quelli che la trovano!».
Non buttate le perle ai porci. Le prendono, le infangano e le
riciclano infangate dalla loro misera mente presuntuosa e avida di potere.
Un tale Gli chiese: “Signore, sono pochi quelli che si
salvano?” Chissà se il Signore si è fermato per rispondere a
questo Tal dei Tali. Il fatto è che mi sembra che Tale abbia la coscienza
sporca. Ama se stesso ma allo stesso tempo vuole partecipare al banchetto
finale.
Nella sua domanda c’è una lieve autoconstatazione che il suo
comportamento attuale non è sufficiente a garantirgli la salvezza. Nessun
desiderio di seguire Gesù o le Sue raccomandazioni, solo una attenzione
superficiale rivolta a verificare se sia o no, nel gruppo dei salvati.
Pazienza, dirà il Tale, ma non posso rinunciare a tutto ciò che
sono. Le mie convinzioni sono giuste, ho faticato a diventare ciò che
sono, io sono nel giusto, io sono.
Gesù sa benissimo di cosa è pieno il cuore del Tale. Mentre con gli
ammalati che guarisce dice: “va, la tua fede ti ha salvato”,
o ad altri dice: “seguiMi”, con questo Tale
l’esortazione appare molto meno amabile.
“Cercate di entrare per la porta stretta” :
uff… quanto è stretta la tua porta, Signore. Fosse solo stretta….ma
è anche posta in alto! Abbiamo bisogno di una scaletta per arrivarci.
Il sentiero che porta alla vita eterna non è più largo di trenta
centimetri. In questa via, larga appena per farci passare le spalle nude,
e non cariche di beni, ci sono dei rovi che ne delimitano l’ampiezza.
Tra i beni non sono da ricomprendere solo i beni materiali, ma anche le
nostre idee, le nostre convinzioni, i nostri giudizi, i nostri affetti.
Tutto
deve essere lasciato, tutto il nostro essere si deve purificare in questa
porta stretta, in questo viaggio oscuro, dove l’anima viene nutrita
passivamente dalla luce di Dio e allo stesso tempo la purifica dagli
effetti mondani. Nell’entrare in questa porta stretta, raffigurabile
anche in una notte oscura, l’anima inizia a non trovare più le
fondamenta nei beni e negli affetti materiali e, data la sua misera
natura, non riesce neppure a gustare i doni divini. La sua concezione
dello spirituale e talmente contorto che anche questa visone deve essere
purificata.
L’anima
si trova sola, e in questa solitudine si distacca dai vecchi ragionamenti,
dalle vecchie considerazioni, dalle vecchie ideologia sul divino. Questo
distacco non avviene mai in modo indolore, e il grado di dolore raffigura
il grado di imperfezione dell’anima.
Ecco la porta stretta, nella quale pochissime persone decidono di entrare per servire Dio con la propria volontà. Lasciare un qualcosa oggi, per ottenere molto domani. Se pensiamo che ne possa valere la pena, entriamo in questa porta stretta senza indugiare ancora.