I
sommi sacerdoti mandarono da Gesù alcuni farisei ed erodiani, per
coglierlo in fallo nel discorso.
Vennero e gli dissero: «Maestro, sappiamo che sei veritiero e non hai
soggezione di alcuno, perché non guardi in faccia a nessuno, ma insegni
la via di Dio secondo verità. È lecito o no pagare il tributo a Cesare?
Lo dobbiamo dare, o no?».
Ma egli, conoscendo la loro ipocrisia, disse loro: «Perché volete
mettermi alla prova? Portatemi un denaro: voglio vederlo». Ed essi glielo
portarono.
Allora disse loro: «Questa immagine e l’iscrizione, di chi sono?». Gli
risposero: «Di Cesare». Gesù disse loro: «Quello che è di Cesare
rendetelo a Cesare, e quello che è di Dio, a Dio».
E rimasero ammirati di lui.
Siamo nel Tempio di Gerusalemme, e
degli inviati dei sommi sacerdoti cercano di inimicarsi Gesù con frasi
falsamente amichevoli.
Anche noi però siamo Tempio di Dio;
come ben saprete, nel cuore della nostra anima dimora lo Spirito di Dio;
anche noi ci presentiamo al Signore, cercando di manipolare la nostra
coscienza, con una moneta. Una moneta ha sempre due facce. Noi siamo
profondi conoscitori dei nostri bisogni materiali, della nostra mondanità,
del nostro bisogno di affermazione.
Presentando la nostra moneta a Gesù
tentiamo di accordarci con Gesù, cerchiamo una scappatoia. Cosa ci
risponde Gesù? Ci rimanda indietro con la nostra moneta.
Egoismo, amore di se stessi, arbitraria
presunzione della propria grandezza e della propria pienezza in sapienza, sono un vero veleno per lo spirito nell’uomo. Lo spirito che ne
è avvelenato potrà difficilmente distinguere quale differenza vi è tra
i doveri di un uomo retto verso Dio e verso Cesare!
Notate la differenza tra i verbi usati
dai farisei e quelli usati dal Signore: i farisei usano il verbo “dare” come se dovessero privarsi qualcosa che appartiene loro; il Signore usa il
termine “rendere”, per far capire che ogni cosa è donata e non è di
nostra proprietà, se non la sola volontà.
Vediamo allora in che cosa consiste la
differenza dei doveri che esiste tra Dio e Cesare, e cosa l’uomo deve
dare all’Uno e cosa all’altro.
L’uomo è fatto di spirito, anima e
temporaneamente di un corpo materiale. L’anima è il vero e proprio uomo
tra spirito e corpo e con la sua intelligenza e il suo discernimento deve
provvedere, come provvede all’eterno spirito, così anche per il corpo
temporaneo.
Ma cosa è necessario allo spirito e
cosa al corpo? Si deve dare allo spirito ciò che è puramente dello
spirito, e al corpo ciò che è del corpo, ma quest’ultimo non in
maniera disordinata, affinché allo spirito non ne derivi alcun danno.
Quindi allo spirito il suo e al corpo il suo.
E’ facile di conseguenza vedere che
tutto ciò che viene dallo spirito, come la Parola di Dio, la Fede,
l’Amore e la ferma Fiducia nel Signore, è puramente spirituale e
appartiene allo spirito.
Il cibo e le bevande, l’abbigliamento,
l’abitazione e il lavoro, nella misura in cui consentono di ottenere il mantenimento, sono appartenenti al corpo e perciò sono
anche da somministrare al corpo nel modo in cui esso è in grado di
accogliere gli stessi nel giusto modo e misura, il cibo e le bevande nel
loro modo, l’abbigliamento nel suo modo utile, l’abitazione
altrettanto e la necessaria capacità e abilità per il naturale esercizio
di arti e mestieri appunto anche nel giusto modo.
Vedete, in questo modo Dio e Cesare sono
messi l’Uno accanto all’altro, ed ognuno di voi può vedere facilmente
da ciò che cosa egli, deve all’Uno e all’altro.
Diciamo
allora che ciò che si deve dare a Cesare può essere ricondotto al “fare” e ciò che si deve dare a Dio lo collochiamo all’”essere”
1° = FARE; 2° =
ESSERE; 3° = ESSERE PER FARE.
E’ il passaggio dal “fare” all’”essere” che ci costa molto oggi. Ma siamo ancora così lontani
dal nostro “essere”? E si deve “fare
per essere” o “essere per
fare”? La seconda è indice di maturità. La prima è un cammino.
Dobbiamo cominciare il cammino
dell’annullamento. Non più “fare” per noi e per gli altri, ma “essere” con Gesù e con gli altri. Qual è la differenza? “Fare”,
vuol dire soddisfare il proprio io di superficie. “Essere”, vuol dire soddisfare e realizzare il nostro io
profondo, non terreno ed effimero, ma eterno.
Annulliamo il nostro ego e troveremo
la pienezza del nostro essere.