Gesù disse alla folla: «Nessuno accende una lampada e la copre con un vaso o la mette sotto un letto, ma la pone su un candelabro, perché chi entra veda la luce. Non c'è nulla di segreto che non sia manifestato, nulla di nascosto che non sia conosciuto e venga in piena luce. Fate attenzione dunque a come ascoltate; perché a chi ha, sarà dato, ma a chi non ha, sarà tolto anche ciò che crede di avere».
Ricordate la parabola delle dieci vergini, cinque sagge e cinque
stolte? Anche oggi si parla di lampade accese, nelle quali il primo e
unico combustibile è l’olio. Per accendere quindi la lampada è
necessario l’olio. Possiamo meglio comprendere il significato se usiamo
i termini di “intelligenza-ragione-fede” per lampada e “amore
concreto nelle azioni quotidiane” per olio.
Che la luce nell’uomo non derivi dalla mera conoscenza, o dall'ascolto della Dottrina del Signore è presto detto e confermato anche
dallo Stesso. La luce è presente allo stato potenziale nel cuore
dell’uomo, come Scintilla dello Spirito di Dio; questa Luce, questa
Scintilla, questo Spirito di Dio in noi deve essere destato come si desta
la propria sposa della quale si è perdutamente innamorati. La chiave di
svolta è l'Amore (per Dio e da questo deriva quello per il prossimo) che,
aumentando l’intensità della sua fiamma di conseguenza, aumenta
anche la Luce che da essa emana.
Il centro del discorso, allora, non è più la luce, la lampada, ma si sposta verso ciò che è necessario alla lampada per ardere: l’amore. A sua volta l'Amore viene generato dall'umiltà, che è la base del cammino di conversione verso Dio.
Umiltà e amore presuppongono necessariamente una attività, una azione che amplia e fissa nell'anima la conoscenza della Dottrina di Cristo nell'anima, impedendo che una falsa verità possa incunearsi nel cervello dell'uomo creando solo confusione. Provate voi a studiare solo la teoria senza mettere in pratica ciò che studiate. Se vi fossero presentate altre teorie, sorgerebbe in voi un grande dubbio su quel possa essere la teoria più valida. Ma se aveste messo in pratica la Dottrina di Cristo, nessun'altra teoria ha il potere di attecchire in voi.
Ecco che la dottrina diventa vivente, ecco che la Dottrina permea l'anima e rende atta la stessa a essere riconosciuta dalle persone che sono più o meno prossime: "Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al vostro Padre che è nei cieli".
Il Signore dice che, grazie alla nostra Luce, gli uomini possono vedere le nostre opere buone, e non ascoltare i nostri sapienti discorsi. A nessuno gioverà in qualche modo il semplice esclamare con fede: “Signore, Signore!”, poiché chi fa una simile professione del Suo Nome si troverà sempre al Suo cospetto come un essere che non Lo conosce né è conosciuto da Gesù.
Abbiamo la Luce, sta a noi decidere se metterla sul candelabro o sotto un secchio (moggio). Cosa vuol dire?
La soluzione sta nel significato che noi attribuiamo al verbo “credere”. Il Signore a questa parola dà un significato sicuramente più appropriato e veritiero di quello che, aggiustato e modificato nel corso del tempo e degli eventi, gli attribuiamo noi. Chi ascolterà quanto il Signore ha detto e vi conformerà le sue opere, costui pure giungerà ad ottenere il Suo Spirito, la Sua Luce, la Sua Sapienza . E se egli ha Questo, non ha più bisogno d’altro.
Ma se ognuno di noi, che abbiamo
sì ascoltato, si mantiene tiepido di fronte a quanto ha appreso da Gesù,
e non traduce completamente in opere la Sua Dottrina, ma si limita ad
ascoltarla ed ad ammirarla e glorificarla ogni tanto, costui non riceve il
Suo Spirito, e quindi tutta la Sua Dottrina non gli è, in fondo, che di
poco o nessun giovamento. Ecco che la Luce viene messa sotto il secchio.
Ma allora significa che non
abbiamo ascoltato bene.
“Fate attenzione dunque a quello che
ascoltate!”
La
Dottrina di Cristo è stata annunciata. Chi si illude di comprenderla
perfettamente, non si curerà più di approfondirla ulteriormente. Chi è
sazio non domanda più altro cibo, e solo quando sentirà di nuovo fame,
allora certo si guarderà intorno in cerca di cibo. Ma che cosa farà
qualora Colui che elargisce le dispense fosse assente? Sarà in grado di
prepararsi da se qualche vivanda?
Perciò
vediamo noi tutti di provvederci di cibo mentre il Dispensiere si trova
con noi. Infatti, quando sarà terminato questo periodo di Grazia e
Misericordia, nel quale il Signore ci elargisce ogni Luce per una nostra
possibile conversione, molti saranno coloro che andranno in cerca del cibo
genuino, ma poi sarà difficile trovarne.
Adesso
spetta a noi, considerata l’importanza dell’argomento, domandare e
rendere manifesto da noi stessi mediante la domanda dove e che cosa ci
manchi. Dobbiamo prima percepire in modo vivo che cosa è che ci manca,
altrimenti non ci preoccuperemmo di questo con la nostra liberissima
volontà, perché se qualcuno ha perso qualcosa, ma non sa di averla
persa, comincerà forse a cercare in qualche luogo ciò che ha perso? Si
deve dunque prima sentire in maniera assolutamente viva in sé che
qualcosa manca e sapere che cosa ci sia di mancante, ma nello stesso tempo
bisogna anche riconoscere il grande valore di ciò che manca; altrimenti
uno non si metterà mai più a cercare col dovuto zelo vivente.
La
luce che il Signore ci dona è sufficiente di per sé a mostrarci se la
nostra casa è adorna e spazzata; è anche certo che, se invece di
utilizzarla, ci viene più comodo rimanere nella nostra sporcizia, ecco
che la luce viene messa sotto il secchio delle nostre passioni materiali.
Ecco
che questa luce sarà tolta a chi non si è rivelato degno, e sarà data a
chi avrà saputo far fruttare la propria.