In quel tempo, Gesù, quando ebbe terminato di rivolgere tutte le sue parole al popolo che stava in ascolto, entrò in Cafàrnao. Il servo di un centurione era ammalato e stava per morire. Il centurione l'aveva molto caro. Perciò, avendo udito parlare di Gesù, gli mandò alcuni anziani dei Giudei a pregarlo di venire e di salvare il suo servo. Costoro, giunti da Gesù, lo supplicavano con insistenza: «Egli merita che tu gli conceda quello che chiede – dicevano –, perché ama il nostro popolo ed è stato lui a costruirci la sinagoga». Gesù si incamminò con loro. Non era ormai molto distante dalla casa, quando il centurione mandò alcuni amici a dirgli: «Signore, non disturbarti! Io non sono degno che tu entri sotto il mio tetto; per questo io stesso non mi sono ritenuto degno di venire da te; ma di' una parola e il mio servo sarà guarito. Anch'io infatti sono nella condizione di subalterno e ho dei soldati sotto di me e dico a uno: "Va'!", ed egli va; e a un altro: "Vieni!", ed egli viene; e al mio servo: "Fa' questo!", ed egli lo fa». All'udire questo, Gesù lo ammirò e, volgendosi alla folla che lo seguiva, disse: «Io vi dico che neanche in Israele ho trovato una fede così grande!». E gli inviati, quando tornarono a casa, trovarono il servo guarito.
Il centurione aveva sentito parlare di Gesù. Da chi?
L’ufficiale reale (menzionato in Giovanni) che aveva ottenuto dal
Signore la grande Grazia di vedere guarire suo figlio dalla febbre
maligna, era distaccato anch’esso a Cafarnao, e non esitò ad indirizzare
il centurione verso Gesù.
In Matteo si evince come sia stato lo stesso centurione a
presentarsi a Gesù, di persona e non attraverso terze persone. Luca
invece racconta come prima furono invitati ad andare incontro a Gesù
alcuni anziani Giudei, poi alcuni amici.
In Luca
quindi in centurione nella sua grande umiltà non si sentì degno di
incontrare il Signore. Il timore di Dio e la profonda umiltà del
cuore è l’indispensabile dovere di ogni battezzato dall’acqua e dal
fuoco, senza i quali non si può pensare ad alcuna vita eterna. Cerchiamo
di avere il giusto timore di Dio ed una lodevole umiltà perché quei
figli che temono troppo i loro genitori e si buttano sempre nella polvere
dinanzi a loro, non possono mai alzare in modo davvero ardente i loro
cuori a coloro che essi temono eccessivamente.
Il Signore non potrà a lungo
avvicinarsi a noi fino al tempo in cui tutta il nostro timore si
trasformerà nel più fiducioso amore. L’amore ed il timore non tengono
lo stesso passo. Infatti dove vi è più timore, qui vi è meno amore. Ma
dove vi è meno timore, lì vi è più amore, fiducia, forza e coraggio e
quindi anche più della vera Vita.
Il Signore Si mostrò meravigliato, non per quanto Lo riguardava,
ma a causa dei discepoli; e disse non al centurione ma quanto piuttosto a coloro che erano con Lui: “In
verità Io vi dico che in tutta Israele Io non ho trovato tanta fede”.
Anche nel nostro caso tutto avverrà secondo la
nostra fede, e, una volta ritornati a casa, troveremo che tutto era stato adempiuto così come avevamo pregato
e secondo la nostra fede, proprio come la fede del centurione, nella quale
egli né prima né poi aveva vacillato; infatti il servitore era guarito
nella stessa ora in cui il Signore aveva detto al centurione: “Avvenga
secondo come hai creduto”.
La guarigione del figlio dell'ufficiale reale (nel vangelo di Giovanni) avvenuta il giorno prima della partenza per Cafarnao e quella del servitore del centurione (menzionato da Luca) sembrano avere lo stesso significato spirituale, ma sono alquanto diversi: nel figlio dell'ufficiale reale è simboleggiato il mondo intero, profondamente corrotto, e il modo in cui esso viene soccorso da lontano mediante la Dottrina di Gesù e il Suo influsso spirituale, mentre invece nel servitore del centurione romano non è raffigurata che la singola persona del servitore che Gesù ha guarito; secondariamente poi esso può raffigurare anche una qualsiasi comunità costituita nel Nome del Signore, alla quale però, a causa ogni tipo di preoccupazioni politiche, manca in un punto o nell'altro pienamente l'attività secondo la Dottrina di Cristo, la qual cosa poi degenera gradatamente nell'inattività anche riguardo gli altri punti della Parola del Signore, e questa si chiama una vera paralisi dell'anima, alla quale non può essere dato nuovo aiuto se non mediante la ferma fede nella Parola.
Questo miracolo avvenuto in Cafarnao stessa, come pure il precedente operato in favore del figlio dell’ufficiale reale il quale fungeva da governatore in Cafarnao, suscitarono in quella città uno scalpore insolito, particolarmente fra i romani ed i greci che vi dimoravano. Invece fra gli ebrei e fra i sacerdoti ed i dottori della Legge, là delegati da Gerusalemme a coprire stabili cariche, ciò non valse che a sollevare rancori, ira e furore.