Gesù disse ai suoi discepoli: «Sono venuto a portare il fuoco
sulla terra; e come vorrei che fosse già acceso! C'è un battesimo
che devo ricevere; e come sono angosciato, finché non sia compiuto!
Pensate che io sia venuto a portare la pace sulla terra? No, vi dico, ma
la divisione. D'ora innanzi in una casa di cinque persone si
divideranno tre contro due e due contro tre;
padre contro figlio e figlio contro padre,
madre contro figlia e figlia contro madre,
suocera contro nuora e nuora contro suocera».
Chi
prende alla lettera questi versetti, rischia di trovarsi in un labirinto
di errori. Risulta infatti chiaro che il Signore ha sempre predicato la
massima arrendevolezza tra gli uomini di ogni specie; e lo stesso Mosè
nel quarto comandamento insegna: “Onora,
rispetta e ama padre e madre”.
Per trovare quindi il giusto significato a queste parole del Signore, si deve cercare il movente a causa del quale Gesù si sentì in dovere di esprimersi in questo modo.
L'occasione si presentò quando Gesù, in una località della Galilea, insegnava al popolo quali sono i doveri che ognuno ha verso Dio ed ogni uomo verso l'altro, e Gesù disse loro:
“Io non vi insegno nulla di diverso da quello che Mi ha insegnato dall'eternità il Padre Mio, che voi dite sia anche vostro Padre, ma che tuttavia non riconoscete, e non Lo avete mai riconosciuto, poiché se voi Lo conosceste, allora conoscereste anche Me, dato che è Questo Padre che Mi ha inviato a voi.”
Però il popolo sottolineò che essi stessi erano figli di Abramo, e Dio disse ad Abramo che tutti i discendenti di Abramo erano Suoi figli. A questo punto il Signore si alterò e disse:
“Voi, secondo la discendenza di Abramo, dovreste essere figli di Dio,
invece non lo siete da lungo tempo, bensì il padre vostro è Satana, la
madre vostra è la legione di tutti i demoni, la vostra nuora è la vostra
incommensurabile cecità, pigrizia e malignità; e questi grandi nemici
dell'uomo sono i vostri propri coabitatori! E chi fra voi vuole nuovamente
divenire figlio di Dio, impugni la spada della Verità che Io a voi
espongo, e combatta contro questi suoi coabitanti finché li ha vinti”.
Il Regno di Dio patisce
violenza dice il Signore. Se non farai violenza a te stesso, non vincerai i tuoi vizi. Finché
portiamo questo fragile corpo, non possiamo essere esenti dal peccato, né
vivere senza molestie e dolori. Noi dobbiamo combattere da uomini;
l’abitudine (cattiva) si vince con l’abitudine (buona).
Nell’uomo,
la volontà è duplice: da un lato la volontà è quella in cui la
conoscenza della verità divina possiede una corda, atta a tirare o a
guidare, che è sempre un po’ debole; mentre dall’altro lato la volontà
di gustare il mondo dei sensi, con le sue esigenze che profumano di
piacere, possiede lei pure una corda di trazione, e questa corda è
diventata forte e possente attraverso svariate consuetudini (tre contro
due e due contro tre). Quando il mondo fa scorgere un boccone piacevole
assieme alla possibilità di appropriarsene facilmente, allora la corda
forte nel groviglio delle numerose volontà del cuore comincia subito a
tirare fortemente. E se anche nello stesso tempo si muove anche la corda
meno forte, di trazione e di guida della volontà, cioè la corda della
conoscenza della verità divina, ciò giova poco o a nulla; infatti, da
tempo immemorabile il forte ha sempre trionfato sul debole.
Se
la volontà deve essere efficace, allora deve farsi avanti con decisa
serietà e non deve aver paura di nulla, anzi deve poter ridere in faccia
con la massima indifferenza, a tutti i vantaggi del mondo, e perseguire il
luminoso cammino della verità perfino a costo della vita corporale. In
questo modo la volontà di conoscenza della verità divina, altrimenti
debole, diventa forte e possente, e sottomette completamente la volontà,
puramente mondana, di provare sensazioni e piacere.
Quest’ultima
volontà infine si trasforma lei stessa interamente nella luce della
volontà di conoscenza della verità divina, e così l’uomo diventa alla
fine “uno” in sé, e questo è di importanza assolutamente
imprescindibile per l’ulteriore completamento dell’essere umano
immortale.
Soltanto
quell’uomo che, attraverso la propria energica, luminosissima volontà
di conoscenza della verità divina, ha totalmente vinto in sé la volontà
mondana di avidità e di piaceri, e così è diventato in sé “uno”
nella luce e nella verità, ebbene, solo quell’uomo è con ciò tutta
luce e verità, e dunque anche la vita stessa.