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Sono venuto a portare il fuoco dell'amore.
Lc 12, 49-53

Gesù disse ai suoi discepoli: «Sono venuto a portare il fuoco sulla terra; e come vorrei che fosse già acceso! C'è un battesimo che devo ricevere; e come sono angosciato, finché non sia compiuto! 
Pensate che io sia venuto a portare la pace sulla terra? No, vi dico, ma la divisione. D'ora innanzi in una casa di cinque persone si divideranno tre contro due e due contro tre; 
padre contro figlio e figlio contro padre, 
madre contro figlia e figlia contro madre, 
suocera contro nuora e nuora contro suocera». 

Chi prende alla lettera questi versetti, rischia di trovarsi in un labirinto di errori. Risulta infatti chiaro che il Signore ha sempre predicato la massima arrendevolezza tra gli uomini di ogni specie; e lo stesso Mosè nel quarto comandamento insegna: “Onora, rispetta e ama padre e madre”.

Per trovare quindi il giusto significato a queste parole del Signore, si deve cercare il movente a causa del quale Gesù si sentì in dovere di esprimersi in questo modo.

L'occasione si presentò quando Gesù, in una località della Galilea, insegnava al popolo quali sono i doveri che ognuno ha verso Dio ed ogni uomo verso l'altro, e Gesù disse loro: 

“Io non vi insegno nulla di diverso da quello che Mi ha insegnato dall'eternità il Padre Mio, che voi dite sia anche vostro Padre, ma che tuttavia non riconoscete, e non Lo avete mai riconosciuto, poiché se voi Lo conosceste, allora conoscereste anche Me, dato che è Questo Padre che Mi ha inviato a voi.”

Però il popolo sottolineò che essi stessi erano figli di Abramo, e Dio disse ad Abramo che tutti i discendenti di Abramo erano Suoi figli. A questo punto il Signore si alterò e disse: 

“Voi, secondo la discendenza di Abramo, dovreste essere figli di Dio, invece non lo siete da lungo tempo, bensì il padre vostro è Satana, la madre vostra è la legione di tutti i demoni, la vostra nuora è la vostra incommensurabile cecità, pigrizia e malignità; e questi grandi nemici dell'uomo sono i vostri propri coabitatori! E chi fra voi vuole nuovamente divenire figlio di Dio, impugni la spada della Verità che Io a voi espongo, e combatta contro questi suoi coabitanti finché li ha vinti”.

Il Regno di Dio patisce violenza dice il Signore. Se non farai violenza a te stesso, non vincerai i tuoi vizi. Finché portiamo questo fragile corpo, non possiamo essere esenti dal peccato, né vivere senza molestie e dolori. Noi dobbiamo combattere da uomini; l’abitudine (cattiva) si vince con l’abitudine (buona).

Nell’uomo, la volontà è duplice: da un lato la volontà è quella in cui la conoscenza della verità divina possiede una corda, atta a tirare o a guidare, che è sempre un po’ debole; mentre dall’altro lato la volontà di gustare il mondo dei sensi, con le sue esigenze che profumano di piacere, possiede lei pure una corda di trazione, e questa corda è diventata forte e possente attraverso svariate consuetudini (tre contro due e due contro tre). Quando il mondo fa scorgere un boccone piacevole assieme alla possibilità di appropriarsene facilmente, allora la corda forte nel groviglio delle numerose volontà del cuore comincia subito a tirare fortemente. E se anche nello stesso tempo si muove anche la corda meno forte, di trazione e di guida della volontà, cioè la corda della conoscenza della verità divina, ciò giova poco o a nulla; infatti, da tempo immemorabile il forte ha sempre trionfato sul debole.

Se la volontà deve essere efficace, allora deve farsi avanti con decisa serietà e non deve aver paura di nulla, anzi deve poter ridere in faccia con la massima indifferenza, a tutti i vantaggi del mondo, e perseguire il luminoso cammino della verità perfino a costo della vita corporale. In questo modo la volontà di conoscenza della verità divina, altrimenti debole, diventa forte e possente, e sottomette completamente la volontà, puramente mondana, di provare sensazioni e piacere.

Quest’ultima volontà infine si trasforma lei stessa interamente nella luce della volontà di conoscenza della verità divina, e così l’uomo diventa alla fine “uno” in sé, e questo è di importanza assolutamente imprescindibile per l’ulteriore completamento dell’essere umano immortale.

Soltanto quell’uomo che, attraverso la propria energica, luminosissima volontà di conoscenza della verità divina, ha totalmente vinto in sé la volontà mondana di avidità e di piaceri, e così è diventato in sé “uno” nella luce e nella verità, ebbene, solo quell’uomo è con ciò tutta luce e verità, e dunque anche la vita stessa.