Fratelli, come dice lo Spirito Santo:
«Oggi, se udite la sua voce,
non indurite i vostri cuori
come nel giorno della ribellione,
il giorno della tentazione nel deserto,
dove mi tentarono i vostri padri mettendomi alla prova,
pur avendo visto per quarant’anni le mie opere.
Perciò mi disgustai di quella generazione
e dissi: hanno sempre il cuore sviato.
Non hanno conosciuto le mie vie.
Così ho giurato nella mia ira:
non entreranno nel mio riposo».
Badate, fratelli, che non si trovi in nessuno di voi un cuore perverso e senza fede che si allontani dal Dio vivente. Esortatevi piuttosto a vicenda ogni giorno, finché dura questo oggi, perché nessuno di voi si ostini, sedotto dal peccato. Siamo infatti diventati partecipi di Cristo, a condizione di mantenere salda sino alla fine la fiducia che abbiamo avuto fin dall’inizio.
Non indurite i vostri cuori, se udite la Sua voce. La Sua voce, è il Suo Spirito, che si effonde in noi. E’ il Suo Spirito, perché il Signore è il Verbo, la Parola, la Sua Voce. E’ la voce che ci chiama al cambiamento, che ci invita ad abbandonare l’uomo vecchio per diventare nuova creatura.
In questi versetti Israele ci viene presentato come un esempio negativo. La generazione di Israele che era uscita dall'Egitto dubitò di Dio ed, a causa di quel dubbio, non entrò mai nella terra di Canaan. Dopo aver lasciato il Sinai, un viaggio di undici giorni sarebbe stato sufficiente a condurli nella Terra Promessa, ma essi vollero mandare delle spie ad esaminare il paese.Non era necessario, perché Dio aveva detto che si sarebbe preso cura di loro, ma essi non credettero. Così Dio acconsentì al loro desiderio e permise che mandassero delle spie.
Anche se le spie videro che il paese era meraviglioso, rimasero più impressionate dai giganti che vi abitavano e si videro, al loro confronto, come delle cavallette. Non videro Dio.
Tornarono dal popolo con un resoconto estremamente negativo che poneva l'accento solo sugli ostacoli e sulle difficoltà che avrebbero dovuto affrontare. Solo Caleb e Giosuè insistettero nel dire che Dio si sarebbe occupato dei giganti, se avessero confidato in Lui; ma il popolo accettò il resoconto della maggioranza e passò quarant'anni impegnato in un viaggio che richiedeva pochi giorni. Per quale ragione? A causa della loro incredulità. Quelle persone non si fidavano di Dio abbastanza per poter entrare nella Terra Promessa.
Avevano creduto in Lui abbastanza per poter uscire dall'Egitto, ma non per entrare in Canaan. Diodisse che quella generazione di increduli sarebbe morta nel deserto e che Egli avrebbe portato i lorofigli nella Terra Promessa. Quella generazione non avrebbe gustato il Suo riposo, la Sua benedizione, la Sua Pace.
Ma noi siamo ancora più increduli di quella generazione. Non esiste per noi un Dio che possa rendere vivente e abitato il nostro cuore. La maggior parte è convinta dell’esistenza di un Essere Superiore che non si cura dell’uomo e della sua fragilità. Ma il Dio Padre amorevole che cerca ogni suo figlio perduto è sconosciuto alla quasi totalità dell’umanità. Il Signore può essere anche stato Redentore dei nostri peccati e Salvatore della nostra anima dalla morte causata dal peccato del nostro rifiuto di Dio, ma a noi non interessa seguirLo e imitare la Sua sequela. Ci fidiamo più del nostro intelletto e della nostra forza rispetto alla Grazia che Cristo elargisce a chi si riconosce umile, fragile, peccatore e che anela a tornare nel vortice dell’Amore divino.
I quarant’anni del deserto degli Israeliti ben rappresentano i nostri tentennamenti, i nostri sguardi desiderosi dei beni del mondo e disprezzanti delle promesse di Cristo.
Vogliamo dimorare in Cristo e che Cristo e il Padre dimorino in noi? Affidiamo la nostra volontà e la totale fiducia a Dio, Sapienza eterna e unico conoscitore di ciò che è necessario per la maturazione, purificazione e innalzamento della nostra anima. I giganti non sembreranno più così invincibili come lo erano quando contavamo solo sulle nostre forze.