Gesù partì con i suoi discepoli verso i villaggi intorno a
Cesarèa di Filippo; e per via interrogava i suoi discepoli dicendo: «Chi
dice la gente che io sia?». Ed essi gli risposero: «Giovanni il
Battista, altri poi Elìa e altri uno dei profeti». Ma egli replicò: «E
voi chi dite che io sia?». Pietro gli rispose: «Tu sei il Cristo». E
impose loro severamente di non parlare di lui a nessuno.
E cominciò a insegnar loro che il Figlio dell'uomo doveva molto soffrire,
ed essere riprovato dagli anziani, dai sommi sacerdoti e dagli scribi, poi
venire ucciso e, dopo tre giorni, risuscitare.
Gesù faceva questo discorso apertamente. Allora Pietro lo prese in
disparte, e si mise a rimproverarlo. Ma egli, voltatosi e guardando i
discepoli, rimproverò Pietro e gli disse: «Lungi da me, satana! Perché
tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini».
Siamo oggi nei dintorni di
Cesarea di Filippo, cittadella situata nella parte greca del territorio
della Galilea, alquanto entro terra dal lago di Galilea; Gesù e i suoi
discepoli si fermano in una collina da dove era visibile l’intera città,
e il lago distava poche
centinaia di metri dal luogo stesso.
Tanto per avere un riferimento
temporale, sono trascorsi circa otto
mesi dalla purificazione del tempio operata dal Signore.
Come ben sapete, Gesù aveva
inviato i suoi discepoli e successivamente gli apostoli a preparare la
popolazione ad una Sua successiva visita. Ora, mentre i padroni della
piccola abitazione ove Gesù e i Suoi discepoli decisero di soggiornare
ipotizzavano chi potesse essere il Signore, Gesù prendendo il discorso
molto alla larga chiede i discepoli che cosa ne pensava la gente del
Messia. Le risposte come certamente sapete, sono state delle più
disparate.
Ma tutto il fulcro del discorso
è centrato su “Ma voi chi dite che Io sia?”.
La domanda è posta ai discepoli,
certo, quindi anche a noi stessi.
Sicuramente il Signore osserva in
più di un’occasione che quando il Suo comportamento può, qua e la,
apparire ai sensi dei discepoli come vicino a quello terreno, essi Lo
giudicano subito nei cuori in maniera del tutto differente da prima, e che
ai loro occhi non sembra più interamente ciò che era ritenuto da loro
quando il Signore compiva qualche opera meravigliosa.
E noi come giudichiamo il
Signore? Un uomo, o un Dio? E se è per noi un Dio, è un Dio vicino o un
Dio lontano? E se è vicino, quanto noi lo sentiamo vicino?
Ma è una vicinanza che significa
presenza, e questa presenza è disinteressata o amorevole?
E se è amorevole, quanto noi
ricambiamo questo amore? Ecco che arriviamo al punto focale della
frase”ma voi chi dite che Io sia” che ha lo stesso significato del “Mi ami tu?” rivolto a Pietro sul lago di Galilea dopo la
resurrezione del Signore.
La risposta certo può essere ”Si,
Signore, lo sai che ti amo”. Ma siamo certi che Lo amiamo come una
sposa, come i nostri stessi figli? Perché è questo il Signore che
richiede da noi.
In un altro passo del Vangelo il
Signore disse: “Se qualcuno viene con me e non ama me più del padre e della madre,
della moglie e dei figli, dei fratelli e delle sorelle, anzi, se non mi
ama più di se stesso, non può essere mio discepolo.”
C’è bisogno di un salto di qualità nell’amore che
doniamo al Padre. A voce forse possiamo ancora reggere il confronto con le
richieste di Cristo, ma poi le nostre opere mostrano con franchezza cosa
noi siamo.
In ogni caso, a Cesarea di
Filippo, tutti i discepoli restarono perplessi e, ad eccezione di Simon
Giuda, non seppero che risposta dare alla domanda del Signore. E da
sottolineare che la concezione ebraica del Messia consisteva nel Dio
incarnato, cioè come lo Spirito Altissimo, Creatore, Eterno, incarnato in
una creatura umana. Noi cattolici abbiamo perso questa identità ed
abbiamo un Dio Figlio accanto un Dio Padre, e ciò genera solo confusione.
Solo
sette giorni dopo, allontanandosi da Cesarea e viaggiando verso il monte
Tabor dove avverrà la Trasfigurazione, Gesù affronta il discorso sulla
sofferenza che dovrà sopportare.
A
queste parole Pietro fu colto da vero spavento e, dopo avere preso Gesù
da parte, con accenno quasi di rimprovero e di ammonizione disse che era
un bene per gli apostoli e per l’umanità che Lui si risparmiasse da
simili sofferenze.
Gesù
volge la schiena a tali idee e in tono serissimo risponde a Pietro: “Vattene
indietro da Me, Satana, Tu Mi sei di scandalo, perché non intendi le cose
di Dio, ma soltanto quelle umane!
Anche
se Gesù ha parlato severamente a Pietro, lo ha fatto per mostrargli
quanto ancora vi è umano in lui; tutto ciò che nell’uomo vi è di
umano dal punto di vista di questo mondo, come la carne e le svariate
esigenze di questa per considerazioni unicamente mondane, tutto ciò giace
nel giudizio, ed è quindi “Inferno e Satana”, il quale costituisce un
compendio di ogni giudizio di ogni morte, di ogni tenebra e di ogni
inganno, perché tutta l’apparente vita della materia non è che una
vita illusoria, e tutto il suo valore si riduce ad un perfetto nulla! Chiunque ricada in un certo senso nuovamente nella materia stessa,
diventa allora nello stesso tempo anche un satana, per quanto egli sembra
ancora andar cercando una qualche salvezza nella materia stessa e nella
sua vita illusoria.
Qualora
però qualcuno voglia liberarsi di Satana, pur essendo ancora nella carne,
allora conviene che costui prenda sulle proprie spalle la croce che il
Signore già portava e che Lo segua.