In
quel tempo, Pietro, disse a Gesù: «Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti
abbiamo seguito; che cosa dunque ne avremo?».
E Gesù disse loro: «In verità io vi dico: voi che mi avete seguito,
quando il Figlio dell’uomo sarà seduto sul trono della sua gloria, alla
rigenerazione del mondo, siederete anche voi su dodici troni a giudicare
le dodici tribù d’Israele. Chiunque avrà lasciato case, o fratelli, o
sorelle, o padre, o madre, o figli, o campi per il mio nome, riceverà
cento volte tanto e avrà in eredità la vita eterna».
Questo brano viene dopo il congedo tra il giovane ricco e il
Signore. Ora il Signore distoglie lo sguardo dal giovane per riporlo nei
discepoli. La cosa può sembrare un dettaglio, una cosa quasi ininfluente;
ma in realtà non lo è.
Prima di tutto, Gesù fissò lo sguardo sul giovane ricco
per poi distoglierlo guardandosi attorno e, successivamente, guarda
in faccia i discepoli.
Il primo “fissare
lo sguardo” significa che il Signore (che è in grado già dalle
eternità sapere quello che sarà di un uomo, purché Esso lo voglia
sapere) dopo aver distolto per un determinato tempo i Suoi occhi dall’uomo e non
prendendo, alcuna informazione sul suo operare, affinché l’uomo nel corso
della sua vita possa passa agire senza influenza alcuna, torna ad interessarsi a lui. Ciò succede quando l’uomo rivolge al Signore la fervida preghiera di aiutarlo
nella lotta liberamente intrapresa con il mondo, e allora il Suo sguardo
di nuovo si volge a lui, lo aiuta a mantenersi nella retta via e gli
infonde il necessario vigore nella sua lotta contro il mondo.
“Volgendo lo sguardo attorno” vuol dire che ancora una volta il Signore non influisce sulla vita del
giovane e toglie lo sguardo fisso su di lui.
Con il termine “guardandoli in faccia”, cioè il “venire visto dal Signore”, significa che Egli gradisce chi, come i discepoli, si rivolge al
Signore, accettandoLo con predilezione nel loro cuore. Tali persone
vengono subito riconosciute dal Signore.
Pietro si
guarda un attimo indietro e fa il calcolo di ciò che ha lasciato e di
quello che ha ottenuto nel breve periodo di convivenza a fianco del
Signore. Può anche darsi che Pietro parli a nome di tutti i discepoli, ma
è un calcolo che in primo luogo viene dal suo cuore.
Evidentemente
la vicinanza di Gesù ai discepoli non è sufficiente per gustare la
beatitudine che solo il Regno di Dio pienamente sviluppato nel cuore
dell’uomo può elargire. Essi vedevano e riconoscevano ormai
sufficientemente che cos’ era la Vera Vita e quanto distintamente
diversa fosse dalla vita apparente della carne. Però i discepoli erano
dei frutti maturi per necessità grazie alla vicinanza di Gesù e, senza
la presenza visibile del Signore, probabilmente non sarebbero stati in
gradi di assimilare in se stessi tutta la vita senza più poter percepire
la morte.
Pietro manifesta la sua aspettativa di privilegio nel regno di Dio, visto che lui e i discepoli avevano lasciato tutto per seguirlo. Questa volta Gesù non riprende l’affermazione di Pietro come completamente errata, ma sottolinea che essere suoi discepoli, cioè seguirlo, comportava anche sacrifici e persecuzioni; ma quando saranno assunti nel cielo vero e proprio loro pure staranno seduti su dodici troni accanto a Gesù e giudicheranno le dodici tribù di Israele (Matt.19, 28).
E ciò significa:
gli apostoli un giorno nei Cieli saranno assieme a Gesù continuamente
attivi per il bene eterno di tutti gli uomini di questa Terra e, quali
spiriti tutelari invisibili agli uomini, saranno loro di guida tanto qui,
quanto nell'Aldilà!
Infatti, il vero Regno dei Cieli e la beatitudine sempre in aumento di
questo Regno consiste appunto soltanto nella vera attività d'amore che si
intensifica sempre di più.
La massima beatitudine di tutti gli
spiriti più perfetti è quella di stare accanto al Signore e poter
parlare e avere relazione con Lui. Ma questa grandissima beatitudine non
deriva tuttavia propriamente dalla Persona del Signore, del tutto semplice
e modesta. Invece la beatitudine principale degli spiriti perfetti
consiste nel fatto che essi possono riconoscere le Sue infinite
Perfezioni, in modo sempre più perfetto, chiaro e profondo,
dall’infinita moltitudine delle Sue Opere senza numero e misura.
Infatti
soltanto allora quanto è veramente divino nel Signore ci apparirà in una
luce sempre più alta, sebbene mai eternamente nell’altissima Luce
estrema che è il Signore Stesso nel Suo Interno.
E questo
essere una cosa sola con il Signore e la Sua volontà ci permetterà di
essere la “sua mano operante” nella creazione e nella gestione di
nuove attività che ci donerà la giusta gioia nel Suo fattivo Amore.