In quel tempo, Gesù, seduto di fronte al tesoro [nel tempio], osservava come la folla vi gettava monete. Tanti ricchi ne gettavano molte. Ma, venuta una vedova povera, vi gettò due monetine, che fanno un soldo. Allora, chiamati a sé i suoi discepoli, disse loro: «In verità io vi dico: questa vedova, così povera, ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri. Tutti infatti hanno gettato parte del loro superfluo. Lei invece, nella sua miseria, vi ha gettato tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere».
Gesù è seduto nel tempio, e scruta il comportamento delle persone. Badate bene, non le giudica, ma sta a guardare come utilizzano i propri averi.
La differenza tra il nostro vedere e quello di Gesù è che mentre noi soffermiamo il nostro sguardo su quanto le persone sanno dare, Gesù si sofferma su quanto tengono per se stesse.
L’offerta
del ricco resta indifferente sotto gli occhi di Gesù; oh, si, esso ha
donato certo qualcosa, ed allora il ricco non si dispiace per il poco che
ha donato al Tempio; ma l’impulso a donare del ricco ha origine di gran
lunga più dall’intelletto che da qualche sentimento di amore verso il
prossimo. Quanto è lontano il ricco dalla meta a causa del suo intelletto
e del suo freddo ragionare privo di ogni amore. La vedova dona al Tempio
per un impulso di vero amore a Dio e al prossimo, e prova oltre a ciò una
vera e umile gioia al pensiero di aver fatto quanto gli era possibile fare
nel nome di Dio. A quali altezze incommensurabili assurgono l’anima e lo
spirito di una simile vedova a cospetto del Signore! Ma a che punto è
invece il ricco con il suo cuore di pietra e con i suoi piccoli doni
dell’intelletto?
Il ricco
ascolta la Dottrina di Dio soltanto nel suo intelletto, per quanto egli
abbia conformato le sue azioni alla stessa dottrina di Mosè; ma esso fece
il bene secondo la dottrina soltanto per amore del vantaggio che la sua
mente vedeva brillare dentro la promessa e non già per puro amore del
bene come tale.
Esso agì
soltanto sotto l’impulso dell’intelletto, e non però sotto quello del
cuore. Questo rimase in sé duro e freddo come lo era prima
dell’offerta.
Invece
la vedova desta il suo cuore, tutto ciò che fa lo compie fuori dal vero
fondamento della vita e non cerca di basare sulla sua fede e sulle sue
opere l’adempimento della promessa della salvezza. Infatti la salvezza
è appunto una conseguenza che essa crede in maniera vivente nel suo
cuore, che sente e che per impulso vivente d’amore opera.
Il
credere, il sapere, e l’operare dell’intelletto umano sono un vano
sogno, e con contengono in sè alcun elemento di vita. L’uomo deve
prendere a cuore tutto ciò in cui dimora la vita, e con ciò che egli
depone nel cuore anche germoglierà e porterà i frutti promessi.
Chi non
sa o non vuole regolare così la sua vita, ed ama se stesso anche nella
sua fede e nei suoi pensieri, egli non vedrà mai l’adempimento della
promessa di salvezza, perché l’adempimento è il frutto dell’attività
del cuore.
Gesù
rimane seduto nel Tempio vivente del nostro cuore. Esso alza gli occhi, e
guarda quanta materialità c’è nel nostro cuore. C’è chi come il
fariseo spazza solo un angolo della sudicia stanza, e chi come la vedova
getta di fuori l’ultimo atomo di mondanità che le poteva permettere una
piccola sicurezza per continuare a vivere (secondo il mondo).
Finché un'anima sente ancora qualche amore
per la vita terrena ed i suoi vantaggi, essa non può rinascere
completamente nello spirito; e d'altro canto un'anima la quale non sia
completamente rinata nel proprio spirito, non può nemmeno, finché
perdura un simile stato, entrare nel vero Regno di Dio, dato che in tale
Regno non può sussistere neppure un atomo di tutto ciò che ha in sé
qualcosa di materiale.
Tutto ciò che appartiene al mondo è per l'anima quello che il veleno è per il corpo. Come una piccolissima goccia, appena visibile, di un potente veleno è capace di uccidere il corpo di un uomo, similmente anche un atomo di elemento mondano può corrompere totalmente un'anima umana, od almeno può arrecarle un danno tale, per cui essa dovrà faticare molto e per lungo tempo per arrivare alla guarigione perfetta e per poter risorgere alla vita eterna. L'esperienza saprà darvi una piena conferma in proposito.