Gesù disse ai capi dei sacerdoti e agli
anziani del popolo:
«Ascoltate un’altra parabola: c’era un uomo, che possedeva un terreno
e vi piantò una vigna. La circondò con una siepe, vi scavò una buca per
il torchio e costruì una torre. La diede in affitto a dei contadini e se
ne andò lontano.
Quando arrivò il tempo di raccogliere i frutti, mandò i suoi servi dai
contadini a ritirare il raccolto. Ma i contadini presero i servi e uno lo
bastonarono, un altro lo uccisero, un altro lo lapidarono. Mandò di nuovo
altri servi, più numerosi dei primi, ma li trattarono allo stesso modo.
Da ultimo mandò loro il proprio figlio dicendo: “Avranno rispetto per
mio figlio!”. Ma i contadini, visto il figlio, dissero tra loro:
“Costui è l’erede. Su, uccidiamolo e avremo noi la sua eredità!”.
Lo presero, lo cacciarono fuori dalla vigna e lo uccisero.
Quando verrà dunque il padrone della vigna, che cosa farà a quei
contadini?».
Gli risposero: «Quei malvagi, li farà morire miseramente e darà in
affitto la vigna ad altri contadini, che gli consegneranno i frutti a suo
tempo».
E Gesù disse loro: «Non avete mai letto nelle Scritture:
“La pietra che i costruttori hanno scartato
è diventata la pietra d’angolo;
questo è stato fatto dal Signore
ed è una meraviglia ai nostri occhi”?
Perciò io vi dico: a voi sarà tolto il regno di Dio e sarà dato a un
popolo che ne produca i frutti».
La vigna fu più volte usata nell'antico testamento come simbolo nazionale d'Israele. Isaia 5:7 dice: "Infatti la vigna del Signore degli eserciti è la casa d'Israele, e gli uomini di Giuda sono la sua piantagione prediletta; egli si aspettava rettitudine, ed ecco spargimento di sangue; giustizia, ed ecco grida d'angoscia!",
Ma la parabola rifletteva anche una realtà quotidiana della Palestina ai tempi di Gesù; molti erano infatti i proprietari che davano la cura dei loro campi ad affittuari. Immaginate quale privilegio avessero questi vignaioli: completa libertà nell’espletamento del loro lavoro, grazie alla propria intelligenza, e una coscienza sempre ammonitrice su come il lavoro deve essere fatto per ottenere il maggior frutto.
Volontà, intelligenza e coscienza sono le tre facoltà che Dio ha donato all’uomo, senza le quali l’uomo sarebbe semplicemente un animale.
Nell’uomo però, affinché venga messa alla prova la sua libertà di volere, sono insiti anche la pigrizia e l’amore di se stesso, e precisamente nella sua carne, in cui l’uomo a questo mondo si sente maggiormente a suo agio.
Ora l’uomo è appunto chiamato a riconoscere, grazie alle proprie doti, queste sue due caratteristiche come un male per la propria anima, e combattere questo male con i mezzi fornitigli da Dio, finché egli non sia arrivato a dominare tutte le passioni del suo corpo. Ma all’uomo sensuale e pigro questa lotta appare troppo scomoda e spiacevole; egli dunque preferisce lasciarsi stringere il più strettamente possibile fra le maglie della rete che le passioni del senso sempre crescenti vanno intessendo intorno a lui.
Ma qual è la pessima conseguenza di ciò? La conseguenza è che l’anima, invece di sciogliersi dai lacci della materia per le vie della giusta attività a lei consigliata da Dio e di spiritualizzare e di vivificare veramente infine perfino la materia che la circonda, sprofonda invece sempre più nella morte della propria materia.
Quando questo comportamento fra gli uomini comincia a diventare un po’ troppo diffuso, allora Dio si muove a misericordia di loro, e manda sempre a tempo debito dei destatori fra l’umanità impigrita. Ma non appena questi iniziano a compiere la loro missione, i molti pigri insorgono contro di loro, li assalgono, li maltrattano e li uccidono nel loro cieco furore, per poter poi ritornare di nuovo alla loro sonnolenza e alla loro pigrizia, fonti di tante delizie per la loro carne.
Ma avendo Dio creato appunto gli uomini unicamente per la vita eterna e non per la morte eterna, Egli non cessa di inviare ogni tipo di destatori all’umanità continuamente pigra e sensuale, affinché essa possa rialzarsi e dedicarsi all’attività vera che vivifica l’anima. Se i profeti che esortano all’attività non vengono ascoltati, anzi vengono perseguitati, allora Dio fa seguire ben presto dei destatori di altra specie, più energici, come ad esempio dei cattivi raccolti, carestie, guerre, fame e pestilenze, e varie altre piaghe ancora.
Se l’umanità si converte e ridiviene attiva conformemente al Consiglio divino, ben presto Dio toglie del tutto le piaghe dall’umanità; ma se essa non si converte, allora Dio ha in serbo dei destatori ancora più energici, e questi allora hanno l’aspetto simile a quello del diluvio ai tempi di Noè e alla distruzione di Sodoma e Gomorra.
Se noi persisteremo nei nostri peccati quando la misura stabilita sarà colma, dovremo noi pure attenderci quanto prima la venuta degli ultimi grandi e terribili destatori.
La
parabola è diretta ai farisei; con la parola “vigna” è da intendersi
la “Chiesa”, che il “Padrone”, cioè “Dio”, ha fondato per
mezzo di Mosè, mentre i farisei “sacerdoti” di allora sono i
“perversi vignaioli”, e che i “servitori” sono i molti
“profeti” che Dio ha mandato, e che l’Erede del Padre è Gesù . La siepe proteggeva la vigna, come l’osservanza della legge di
Mosè con cuore sincero avrebbe protetto Israele da ogni nemico. La torre,
come simbolo più elevato nel terreno, è lo spirituale dell’uomo e ciò
che è più adatto all’incontro con Dio. Il torchio come effettiva
volontà di poter cercare l’interiore di tutte le cose, il succo d’uva
è contenuto negli acini.
Da molto tempo c’è stata gente che era e che si atteggiava come i farisei di allora. Anche i loro predecessori si consideravano sempre i custodi e i lavoratori assolutamente legittimi della vigna di Dio, sennonché là dove essi lavorarono, tennero anche il raccolto sempre per sé, e travisarono la Legge di Dio, sostituendola addirittura con una precetti e tradizioni umane per il loro personale vantaggio in questo mondo.
Allora Dio inviò loro i profeti, ed essi li perseguitarono col ferro e col fuoco dichiarando sempre al popolo che quelli erano dei falsi profeti, e chiunque prestasse ascolto alle loro parole e vivesse secondo queste lo consideravano reo di sacrilegio e di bestemmia contro Dio.
Appena cent’anni più tardi i profeti perseguitati dai sacerdoti del loro tempo furono riconosciuti come autentici profeti, e si eressero loro dei monumenti che i farisei, per un apparente senso di reverenza, imbiancavano ogni anno. Tuttavia alle loro parole i farisei credevano altrettanto poco quanto i sacerdoti vissuti in quei tempi; e come i sacerdoti di allora perseguitarono gli antichi profeti, così i farisei perseguitavano i profeti che venivano inviati loro, li dichiaravano falsi, li cacciavano fuori e li uccidevano.
Ma se facevano così, cosa che non potevano negare, non ha dunque ragione il Signore di dichiarare apertamente che erano appunto loro quei malvagi vignaioli quali, secondo la loro propria sentenza, il padrone della vigna ucciderà senza pietà?
Cosa interessava loro il compiacimento di un Dio nel Quale non avevano mai creduto? Quale interesse in una pietra che nella loro vita non poteva e non doveva diventare testata d’angolo? Infatti qualora avessero creduto veramente in un Dio, avrebbero osservato anche le Sue Leggi le quali, fra l’altro dicono: “Tu non devi desiderare quello che è del tuo prossimo”, e “Non devi uccidere!”.
I farisei invece pretendevano e si prendevano addirittura tutto ciò che apparteneva al loro prossimo e che esso si era conquistato col sudore della propria fronte! E chi non voleva dare quanto pretendevano, costui era da essi perseguitato più ferocemente di quanto i lupi affamati perseguitano l’agnello; e chi invece, suscitato da Dio, li ammoniva e dichiarava che il loro agire è malvagio e ingiusto, allora gli mettevano subito le mani addosso e lo uccidevano
Il Signore certo permetterà di farsi mettere le loro infami mani addosso, e allora certo arriveranno a toccarLo, ma quel giorno segnerà anche il loro giudizio e la loro rovina.